Le medicine prevengono il cancro? No. Anzi: poco.

28 maggio 2019
È il sogno di tutti: prendere oggi una pillola che non farà mai venire il cancro in futuro. Però come tutti i bei sogni deve fare i conti con la realtà: una pillola contro il cancro non esiste, l’unico approccio per allontanare la malattia è semplicemente uno stile di vita sano. Tranne che in un caso: il cancro al seno. Ma attenzione.

È il sogno di tutti: prendere oggi una pillola che non farà mai venire il cancro in futuro. Il mondo medico ha anche dato un nome a questo scenario. Terapia preventiva la chiamano, o anche “farmaco-prevenzione”. Però come tutti i bei sogni deve fare i conti con la realtà: una pillola contro il cancro non esiste, l’unico approccio per allontanare la malattia è semplicemente uno stile di vita sano. Tranne che in un caso: il cancro al seno.

Il cancro al seno è la forma di tumore femminile più diagnosticata in Italia. Si stima che nel 2018 rappresenti quasi un terzo delle neoplasie comunicate alle donne (29%). Come in tutte queste malattie anche qui vale la regola per prevenirlo: vivere facendo attività fisica, mangiare bene secondo i crismi della dieta mediterranea, evitare fumo e alcol. Tuttavia esiste anche la terapia preventiva. Una classe di farmaci - il tamoxifene e altri modulatori selettivi del recettore degli estrogeni - riducono il rischio di contrarre il cancro al seno. Ma attenzione: solo per chi lo ha già avuto e solo per chi ha sofferto quello di tipo ormone-recettivo. La medicina tende a scongiurare le recidive. E si può applicare solo a chi ha un alto rischio di contrarre questo tumore.

Qualche mese fa il gruppo di scienziati che valuta per il governo americano i dati scientifici sulla prevenzione - la US Preventive Services Task Force – lo ha ribadito pubblicando una bozza di raccomandazioni per medici basate sulle ultime evidenze scientifiche. Le donne con alto rischio di cancro al seno dovrebbero fare terapia preventiva, hanno detto, se tollerano bene i farmaci.

Secondo gli scienziati americani l’alto rischio non riguarda solo chi ha avuto il cancro al seno ma anche chi ha mutazioni genetiche BRCA documentate – come la famosa attrice Angelina Jolie che per questo è ricorsa preventivamente al bisturi – chi possiede una storia di radioterapia del torace o chi ha parenti di primo grado ammalati della medesima malattia, soprattutto se anziani (donne con più di 65 anni). I casi sono molti ed è obbligatorio che li valuti un medico.

Il documento conferma il ruolo positivo del tamoxifene e del raloxifene nella prevenzione del cancro al seno invasivo. Viene aggiunta però anche una nuova classe di molecole, gli inibitori dell’aromatasi.
Il tamoxifene infatti ha ridotto l’incidenza della malattia di 7 eventi su mille nell’arco di 5 anni, il raloxifene di 9 e gli inibitori dell’aromatasi di 16 su mille.

Possedere però un alto rischio non basta per assumere queste cure. Bisogna verificare che esiste anche un basso rischio di effetti avversi del farmaco. Si tratta infatti di medicine pesanti che ortano con sé effetti collaterali importanti, anche in funzione dell’età, come il rischio di fratture, quello di tromboembolismo, quello per il cancro all’endometrio (tipico del tamoxifene) o, nel caso degli inibitori delle aromatasi, sintomi vasomotori, sintomi gastrointestinali, dolore muscolo-scheletrico ed eventi cardiovascolari come l'ictus. Ogni decisione sull'uso di questi farmaci, dopo un’attenta analisi dei costi e dei benefici, spetta al dottore.


Fonte: http://bit.ly/2Xa9awk




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