Cosa sappiamo sul fumo elettronico

30 maggio 2022
Le sigarette elettroniche e il tabacco riscaldato si stanno diffondendo soprattutto tra i giovani. Ma non sono certo strumenti di salute.

Le e-cig, come anche i più recenti device basati sul tabacco riscaldato (HTP, dall’inglese heated tobacco products) stanno avendo un notevole successo: gli HTP in particolare sono diventati il terzo prodotto di tabacco più venduto in Italia, dopo sigarette e trinciato, con un aumento esponenziale di vendite (da 11.514 kg nel 2015 a 5.691.693 kg nel 2020) e i liquidi per sigarette elettroniche hanno avuto crescite simili da quando sono entrate nel mercato. Entrambi i prodotti sono pubblicizzati come meno nocivi delle sigarette – per via del fatto che scaldano e vaporizzano le miscele da fumare senza bruciarle – e come sistemi che spingono verso l’abbandono dell’abitudine al fumo. Eppure l’Organizzazione mondiale della sanità nel suo ultimo rapporto sull’epidemia globale di tabacco è stata molto chiara nel chiedere di non considerare questi prodotti come strumenti utili alla sanità pubblica.

Tossiche e probabilmente inefficaci
La recente entrata nel mercato di questi dispositivi non consente infatti di poter affermare che questi device siano meno dannosi della sigaretta stessa. Ma anche se lo fossero, la semplice riduzione del danno non è una strategia di sanità pubblica accettabile per l’OMS. Le e-cig e gli HTP, anche senza bruciare tabacco, emettono sempre sostanze potenzialmente tossiche. Oltre alla nicotina - quando presente - le prime rilasciano acroleina, formaldeide, metalli, le seconde idrocarburi policiclici aromatici e monossido di carbonio: sono tutte sostanze che aumentano il rischio di malattie polmonari e cardiache (per chi fosse interessato a conoscere tutte le sostanze presenti nelle cariche per i device elettronici esiste un database dell’Istituto superiore di sanità).

Utilizzare questi device poi non assicura la disassuefazione dal tabagismo. Se vi è nicotina, infatti, rimane l’innesco del tipico meccanismo di dipendenza delle normali sigarette. Ma anche se la nicotina non c’è, questi strumenti non garantiscono l’abbandono del fumo. Su questo aspetto infatti la scienza non è arrivata a conclusioni certe. Un recente studio che ha analizzato molte ricerche sull’argomento ha osservato che negli studi clinici, condotti da ricercatori, le sigarette elettroniche possono effettivamente portare alla cessazione del fumo, mentre in quelli osservazionali – che cioè guardano cosa accade alle persone nell’ambiente di vita – l’effetto delle e-cig non è stato positivo, una conclusione analoga a quella dello studio PATH condotto su decine di migliaia di persone negli USA.

Un prodotto che colpisce i giovani
Nonostante dunque e-cig e HTP siano prodotti potenzialmente tossici e di dubbia efficacia nella cessazione del fumo, in Italia sono sovvenzionati proprio in virtù di un presunto valore nella lotta al tabagismo. Il premio consiste in una riduzione della fiscalità che premia gli HTP e le e-cig con un’accisa rispettivamente del 25% e del 10% rispetto a quella delle normali sigarette. Inoltre, nessuna legge impedisce agli utilizzatori di dispositivi elettronici per il fumo di utilizzarli nei locali al chiuso. Nessuna limitazione è stata mai stabilita per la loro pubblicità sui media. L’effetto è quello di promuovere questi prodotti rendendoli più accessibili, per via del costo inferiore rispetto alle sigarette, soprattutto ai giovani che sono spesso l’oggetto di marketing delle aziende produttrici di e-cig e HTP.

Secondo PASSI, il progetto di monitoraggio della salute dell’Istituto superiore di sanità, in Italia le sigarette elettroniche sono più frequenti tra chi ha 18-24 anni: in questa fascia di età fumano elettronicamente circa il 5% delle persone, contro il 3% della popolazione generale (dati 2017-2020, non esistono ancora informazioni sugli HTP per la loro entrata recente nel mercato). Il Global Youth Tobacco Survey, un sistema di sorveglianza internazionale a cui l’Italia ha aderito dal 2010, mostra però dati più preoccupanti tra i minorenni. Nel 2018, andando ad intervistare 1.518 studenti tra i 13 e i 15 anni, ha scoperto che il 17,5% di essi aveva utilizzato sigarette elettroniche nei 30 giorni.


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